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Fondazione Varrone. Il presidente Valentini: la cultura come volano dell’economia

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Antonio Valentini

Incontriamo Antonio Valentini, notaio e presidente della Fondazione Varrone, nel suo studio di Palazzo Potenziani, nel cuore della vecchia Rieti: una bella stanza tutta affrescata come se fosse una loggia aperta verso l’esterno, con tanto di colonne, squarci di cielo e animali in posa sui (finti) davanzali.

La Fondazione Varrone è il principale sponsor della nostra Settimana musicale, come di molte altre attività culturali (ma non solo) della provincia. È quindi un osservatorio privilegiato per ragionare sullo stato dell’arte della cultura a Rieti e provincia, sui problemi che ci sono e sui possibili rimedi.

Ma iniziamo la nostra conversazione chiedendo al presidente di illustrare per sommi capi ai nostri lettori l’attività della fondazione.

 

«La Fondazione Varrone – spiega Valentini – è una fondazione di origine bancaria, regolamentata per legge e sotto il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha dettato nel tempo degli atti d’indirizzo che obbligano le fondazioni a determinati comportamenti. La fondazione ha più di un settore d’intervento, tra i quali c’è anche quello relativo alle attività e ai beni culturali. Un settore a mio avviso molto importante nell’ottica dello sviluppo del territorio e della conservazione di quei beni culturali e artistici che in Italia certo non mancano. Naturalmente la Fondazione dovrebbe in linea teorica essere sussidiaria rispetto agli enti pubblici. Ci sono però momenti come quello che stiamo vivendo in cui gli enti pubblici non hanno risorse sufficienti a far fronte alle esigenze del settore culturale. Quindi spesso e volentieri diventiamo il principale finanziatore e protagonista degli interventi in questo, come purtroppo in altri settori».

 Quali, ad esempio?

«Basti pensare a quello dello sviluppo economico: oggi l’economia versa in cattive condizioni, aggravata, a livello locale, dagli eventi sismici che hanno aggiunto un mare di problemi a quelli che già c’erano. Su questa emergenza stiamo intervenendo con contributi abbastanza sostanziosi per far riprendere le attività, sapendo che questi paesi avevano attività che devono ripartire e un patrimonio culturale vasto che va salvaguardato e, nei limiti del possibile, restaurato e rimesso al suo posto. Anche perché può avere un grande valore di volano economico, se adeguatamente divulgato »

 E questo oggi non succede?

«Spesso nella nostra provincia questo è mancato. Il patrimonio artistico, culturale e naturalistico di cui siamo ricchi si conosce poco. Se a questo si aggiungono le difficoltà di comunicazione di una Rieti che è rimasta abbastanza isolata, lo sviluppo turistico ne risente. Da questo punto di vista, va detto, la Sabina è in una condizione migliore, per i mezzi di collegamento e per la vicinanza con Roma».

 Il vostro impegno in campo culturale è comunque forte…

«Stiamo sostenendo tante attività, a cominciare da quella della Fondazione Flavio Vespasiano che sviluppa ogni anno il Reate Festival, il Danza Festival: iniziative importanti anche sotto il profilo del turismo culturale, che attirano molte persone a Rieti. Noi quest’anno temevamo che con il terremoto il Danza Festival potesse avere un calo di presenze: fortunatamente ciò non è avvenuto e chissà che questo non sia di buon auspicio anche per il futuro.

Certo, tutte le nostre iniziative devono tener conto che abbiamo delle “poste fisse” che drenano considerevoli risorse. Tra queste, soprattutto il consorzio universitario, che sta attraversando un momento difficile: ne facevano parte Comune, Provincia, Fondazione Varrone, Camera di Commercio; ma la situazione purtroppo è sempre più difficile. La Provincia del resto non ha più le condizioni economiche e forse neanche normative per stare dietro a tutto quello che faceva. Leggevo pochi giorni fa della chiesa di S. Antonio, quella annessa al vecchio ospedale, che quasi sicuramente è opera del Vignola, per la quale sono stati spesi anni fa molti soldi per il consolidamento delle strutture e che adesso è in un forte stato di degrado. In passato se ne contendevano la proprietà, oggi nessuno interviene».

 La Fondazione Varrone è un Osservatorio privilegiato sulla situazione della cultura a Rieti e nella provincia. Dal suo punto di vista come valuta l’attività dei Comuni? L’impressione è che mentre su altri fronti si è compreso che l’unione fa la forza, dal punto di vista della cultura viga ancora la logica del campanile…

«Direi proprio di sì. Uno dei grossi problemi è quello di non avere un osservatorio unico con un centro che coordini gli interventi. Le porto l’esempio del Cammino di Francesco. Se n’è tanto parlato, in passato sono stati investiti dei soldi, ma per il fatto che attraversa un certo numero di Comuni non è stato possibile ottenere fino ad ora una regia unica. L’unico che sta tentando di farlo è il nuovo vescovo di Rieti, ma non sarà facile. I Comuni dovrebbero confrontarsi sia con le associazioni locali, sia con gli altri enti sul territorio, per evitare di fare – come pure succede – manifestazioni che sono duplicazioni l’una dell’altra o, fatto ancora più grave, che avvengono nella stessa giornata sovrapponendosi in maniera un po’ sciocca e creandosi danno a vicenda. Un elemento di coagulo poteva essere la provincia, ma, come accennavo prima, sappiamo tutti che fin che non c’è un chiarimento sui compiti delle province questo non è possibile.

Comunque, se manca di sicuro il denaro, manca però anche l’attenzione da parte delle istituzioni. A livello regionale e anche a livello nazionale ci sono risorse alle quali si dovrebbe poter attingere; forse il problema è che abbiamo un potere contrattuale abbastanza scarso.

Per quanto riguarda le attività della Fondazione, lei è soddisfatto di quanto è stato fatto finora o pensa a qualche aggiustamento?  

Io credo che dovremmo essere più propositivi, come stiamo già facendo in qualche campo: prendere noi delle iniziative, non limitarci ad aspettare che qualcuno ce le proponga, per evitare di disperdere le risorse in troppi rivoli che poi spesso hanno un impatto relativo. Quindi stiamo pensando a delle idee che partano da noi, facendo poi dei bandi per recepire le proposte nei campi che noi individuiamo, per poi metterle in esecuzione.

Se all’inizio abbiamo dei progetti specifici e ben determinati – e fermo restando che molte delle proposte che riceviamo sono degnissime e meritevoli di essere supportate – tutte le richieste di scarso importo, ma soprattutto di scarsa rilevanza, possono essere disattese, a favore di progetti di maggiore impatto sulla provincia.

Del resto, per poter valutare nel modo migliore le proposte che riceviamo, abbiamo già diviso i compiti nel consiglio d’amministrazione. Ogni consigliere segue un settore, nel quale è più competente, e sta dietro alle pratiche di sua competenza. È una strada sulla quale ci stiamo già muovendo. Con una serie di iniziative, ad esempio, per cercare di risvegliare interesse nei confronti del centro storico di Rieti, abbastanza trascurato negli ultimi anni.

 

Author: Carlo Calvani